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lunedì 6 settembre 2010

Follia


Cammino guardandomi in giro sospettoso, non mi fido più di nessuno, la gente mi osserva, come se stesse cercando nel mio volto un segno di colpevolezza, mi sento controllato, mi manca l’ aria, sento che qualcuno mi osserva, ma non so perché, mi sento talmente insicuro e colpevole che potrei anche avere fatto del male, anche essere davvero artefice di qualcosa di brutto e cattivo.


Vado al supermercato, sanno già quello che comprerò, una signora dal sorriso forzato mi chiederà:<<carta o bancomat>> ma già conosce la mia risposta, come già sa cosa c’è nel mio carrello, riempio le sporte, mi sento osservato, gente dietro di me mi fissa, come aspettando una mossa falsa, come se sapessero che sto per mettere un piede in fallo, prendo le sporte e la cassiera mi da lo scontrino, sotto il totale poche parole mi congelano: Arrivederci a presto signor Alessandro.

Allungo il passo verso l’ uscita, sulle scale mobili mi osservano tutti, incrociando il mio sguardo durante la loro salita, nessuna espressione nei loro volti, automi in fila che salgono verso la luce, pronta ad inghiottirli; finalmente nel parcheggio, cerco la mia auto, maledetta distrazione, non ricordo mai la fila, dopo qualche minuto di osservazione la trovo fra due macchine nere, uguali, che prima non c’ erano; apro il baule di fretta e butto dentro la spesa, finalmente in macchina, finalmente mi sento sicuro, accendo il motore e parto.

Guido verso casa, non sono tranquillo, accendo la radio cercando un po’ di spensieratezza, ma non la trovo, tragedie, morti, storie escono dagli altoparlanti, ma tutte parlano di sangue e disperazione, un uomo sulla strada vestito di nero agita una paletta, un posto di blocco, cercano me.

Patente e libretto, glieli do, si avvicina al suo collega appoggiando i miei documenti sul cofano della volante. Si scambiano qualche parola i due, poi quello con la paletta ritorna verso di me: <<scenda signor Bolognesi>> mi dice, ma come sa il mio nome, come fa a conoscerlo se nemmeno ha guardato i documenti, allora e’ vero, allora ho davvero fatto qualcosa, ma non lo ricordo, non esco mai e quando lo faccio sono quasi sempre solo, che posso aver fatto, perché ora questi c’è l’ hanno con me? Quello della paletta mi prende per un braccio ordinando di seguirlo, vogliono qualcosa da me, ma io non so cosa. La mano inguantata stringe forte il mio braccio trascinandomi fino al baule della loro auto dove il suo collega armeggia con un aggeggio che mai avevo visto prima, mi trovo in bocca una specie di torcia con un filo attaccato al macchinario, <<Soffia>> furono le prime ed uniche parole che sentii pronunciare dal collega; soffio, dopo pochi secondi un suono mi dice di smettere, il carabiniere senza guardarmi mi toglie quest’ affare dalla bocca, uno scontrino esce da quella strana scatola, lo leggono, ed io leggo nei loro volti la delusione.

<<Il test e’ negativo>> dice il mio strano aguzzino<<deve seguirci in centrale>>; borbotto qualcosa, non capisco che cosa succede, riesco solo a dire:<< i miei surgelati>> il carabiniere mi tirò con forza, ed io con uno strattone mi ripresi il mio braccio, l'altro mi si avventa contro arrivandomi addosso a tutta forza, mi ritrovo steso sul cofano della mia macchina, tutti e due stavolta mi prendono, cerco di divincolarmi come posso, ma un dolore fortissimo alla nuca chiude i miei occhi.

Li riapro non so quando e non so dove, non riesco a muovermi, sono bloccato su una branda, intorno a me il bianco sterile fa da padrone, a fatica riconosco una porta, con una finestrella, qualcuno mi osserva, qualcuno fuori da quella stanza mi spia e parla di me, le uniche parole che sento sono:<< Ha dato di matto, abbiamo dovuto rinchiuderlo>>

Questa mattina mi sono svegliato normale, questa sera mi coricherò malato di mente.

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